Dati falsi sul Covid in Sicilia: la nostra comunità segnalava incongruenze da un anno
In questi ultimi giorni di marzo 2021 si è diffusa la notizia di un’indagine della magistratura su presunte falsificazioni dei dati sulla pandemia da coronavirus in Sicilia, che sarebbero state poste in essere dalla Regione Siciliana (qui un articolo dell’Agenzia Ansa che racconta la vicenda). Sono i dati del monitoraggio che poi, comunicati al ministero, portano a decidere quali sono le restrizioni da applicare in quel territorio (ad esempio se dev’essere zona gialla, arancione o rossa).
Troppo presto per giudicare la questione, ma è importante ribadire che da un anno – praticamente dall’inizio della pandemia – abbiamo cercato di dialogare con Regione Siciliana per segnalare irregolarità nei dati. Questa ricerca costante con verifiche quotidiane è stata portata avanti in particolar modo dal nostro Nino Galante, che in maniera certosina ha cercato ogni giorno di raccogliere i dati ufficiali e compararli, evidenziando difformità di ogni genere: le abbiamo raccontate qui. La Regione o non ci ha risposto o ci ha dato l’idea che il messaggio fosse «non disturbate il conducente». L’ultima richiesta di accesso ai dati l’ha fatta Giuseppe Ragusa appena ad inizio marzo 2021: eccola.
Al di là delle vicende giudiziarie, mi permetto di fare un commento: una cosa che ci sembra agghiacciante di questa storia è il fatto che il dialogo con i cittadini venga percepito talvolta e da alcune persone che lavorano nelle istituzioni pubbliche come una perdita di tempo o una rottura di cabbasisi, direbbe il commissario Montalbano, quando invece ascoltadoci la Regione Siciliana avrebbe notato le incrongruenze e sarebbe forse intervenuta prima per sistemare le cose (e vi assicuro che per vie ufficiali, ufficiose, conoscenze, amicizie, piccioni viaggiatori e chi più ne ha più ne metta, abbiamo cercato di parlarci in ogni modo).
Questa comunità non è qui per gridare «piove, governo ladro» ma per dire «proviamo a dare una mano». Quanti anni dovremo ancora aspettare per avere la possiblità di dialogare con istituzione disponibili ad ascoltare i cittadini? Quante volte dovremo dire ancora – come abbiamo fatto su questa pagina – che i dati pubblici sono un bene comune e noi cittadini abbiamo diritto assoluto di accedervi? Chi lavora nelle istituzioni, è sempre consapevole del fatto che è cittadino/a pure lui/lei? In basso un servizio dell’ottimo Emilio Pintaldi, andato in onda su RTP (Tv messinese) che riavvolge il nastro e racconta in pochi minuti quali sono stati i nostri rilievi.